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MAMMA, MEGLIO LA CICALA O LA FORMICA? Come parlare di denaro ai nostri figli.

A me è più simpatica la cicala: è allegra e spensierata. Non come la formica che è sempre impegnata a lavorare. Che noia…”, dice la più piccola delle mie figlie, mentre legge la favola di La Fontaine.

Così quando arriva l’inverno morirà di fame, perché non ha raccolto le provviste necessarie. Vuoi anche tu far la fine della cicala canterina”?, risponde la più grande.

Le osservo mentre si stuzzicano a vicenda. E’ il loro modo di trovare risposte ai grandi quesiti della vita.

Mamma, è meglio essere cicala o formica?”, mi interrogano. Come uno schieramento in campo di due avversari, attendono un verdetto. Difficile anche questa volta essere di insegnamento senza generare gelosie e risentimenti.

Ed è così che mi accorgo che parlare di soldi, non è mai facile. Sebbene sia pratico. Ma ancor di più insegnare a trattare il denaro in modo funzionale, evitando che alla fine sia il denaro a usare noi.

CICALA O FORMICA?

C’è chi spende senza preoccuparsi del domani. E c’è chi vive accumulando senza godersi il presente. C’è chi si comporta da cicala preferendo godersi l’estate e c’è chi lavora senza sosta per raccogliere provviste. Perché, insegna Esopo, per superare i momenti difficili, è necessario arrivare preparati. Due estremismi se vogliamo, ed ecco che la ragione va cercata, come sempre, nel mezzo.

Una delle preoccupazioni che affligge noi genitori è come educare i figli ad avere un rapporto sano con il denaro. Se da un lato non li si vuole viziare, non li si vuole nemmeno rendere schiavi. I bambini sono infatti molto attenti a come i grandi spendono i soldi, anche se potrebbe sembrare il contrario. Ecco perché la cosa più importante a cui prestare attenzione per poter instillare buone abitudini finanziarie nei nostri figli, è come noi, per primi, gestiamo i soldi. Per questo ti domando “se ti guardassi con gli occhi dei tuoi figli, quale tipo di insegnamento stai dando loro sull’uso del denaro? Sei più formica o più cicala?”.

Non è un giudizio, quello che ti invito a fare verso te stesso. Piuttosto un osservarsi per comprendersi ed essere di insegnamento. “Ti piace quello che vedi?”.

Cicala e formica hanno entrambe molto da insegnarci, l’importante è saper cogliere il meglio dalle loro azioni.

Sono cresciuta in ristrettezze economiche Angela, e voglio solo dare a mio figlio tutto ciò che non ho avuto io”, mi confida un’altra coachee. Il nostro passato ci condiziona, è inevitabile. Ma in questo caso è pur vero che non è dando tutto che trasmettiamo valore. Cedendo a ogni richiesta, rischiamo di far passare il messaggio che possono semplicemente andare a prendersi ogni cosa che desiderano, senza imparare che ogni conquista è frutto di un sacrificio. Una volta cresciuti potrebbero sentirsi come se tutto gli spettasse. Come conseguenza di questo potrebbero spendere più di quanto hanno e finire per indebitarsi. E’ normale che i bambini chiedano cose. Lo sbaglio è pensare di doverli accontentare ad ogni costo.

Come posso fare allora”?, prosegue smarrita. La paghetta è un modo per imparare a darsi da fare per ottenere le cose che desiderano. Imparano cioè ad associare quei soldi ad un premio per aver raggiunto degli obiettivi. Inoltre iniziano a rendersi conto del costo delle cose e hanno l’opportunità di scegliere come spendere i loro guadagni. Questi sono tutti sistemi efficaci per insegnare la responsabilità finanziaria in tenera età. Ricordo quando un mentore più esperto di me, mi diede questo semplice consiglio. E ha sempre funzionato. La paghetta è davvero un buon metodo per spingere i ragazzi a darsi degli obiettivi e dar valore al loro impegno.

L’OSSESSIONE PER IL RISPARMIO

“Talvolta è più facile risparmiare che spendere. Accade che mi assale la paura di non avere abbastanza soldi per crescere bene i miei figli, e assicurare loro ciò che è necessario”, frammenti di conversazioni. Li ripesco fra i ricordi e le parole spese a trovare l’equilibrio.

Il denaro può farsi ossessione, risparmiare diventa un imperativo e spendere è relegato a cose strettamente necessarie. Mentre il superfluo svanisce. Anche quando non è così indispensabile. C’è un termine che racchiude questo disagio: iperopia. Sinonimo del più noto ipermetropia dove, come nel caso del disturbo visivo, le persone ossessionate dal risparmio hanno solamente una visione del lungo periodo ma non riescono a vivere il presente a causa della paura di non avere abbastanza denaro per il futuro. Questo risparmio forzato, però, può causare depressione e malumore, rendendo il presente complicato.

Chi ne soffre cerca di spendere poco, anche quando la situazione non è così brutta. Nonostante il risparmio possa sembrare un atteggiamento prudente, chi soffre di questo disturbo porta questa tendenza all’estremo. La vita viene ridotta al massimo per prevenire un’eventuale mancanza di denaro nel futuro. Il risparmiatore ossessivo ha una paura irrazionale di ipotetici problemi economici e della povertà.

MANI BUCATE

“Ogni euro non speso, mi crea fastidio. Una occasione persa”, è l’altra faccia della medaglia. Il bisogno di spendere, possederne e non averne mai abbastanza. A cui segue però il rimorso quando affrontano una spesa impulsiva e realmente poco utile. Secondo Ran Kivetz, psicologo alla Columbia University e Anat Keinan di Harvard, queste spese impulsive creano solamente un malessere passeggero. Questa teoria è stata confermata dallo studio che hanno eseguito su un campione di studenti nel momento del rientro a scuola, dopo le vacanze. Il rimorso di non aver studiato sufficientemente durante le vacanze, infatti, era sparito dopo un anno. «La gente si sente colpevole nel confessare una predisposizione all’edonismo, ma via via che il tempo passa il senso di colpa scema. E a un certo punto accade il contrario: in pratica, ci si lamenta per i piaceri persi».

Insomma è importante essere responsabili e continuare a tutelare il risparmio, ma non c’è nulla di sbagliato nell’essere un po’ indulgenti con se stessi. Fare acquisti libera l’ormone della gratificazione, la dopamina, e a piccole dosi, fa un gran bene all’umore.

Ed ecco che la domanda di mia figlia torna a reclamare risposta… “meglio essere cicale o formiche”…

E se la risposta non la dovessi dare io… Insomma, se il problema fosse come insegnare ai bambini ad avere una loro idea dei soldi? So che è una cosa tutt’altro che scontata, per i bambini il denaro è un’entità astratta e hanno bisogno di essere accompagnati alla scoperta dell’uso che se ne può fare, dei modi di spenderli, degli aspetti sociali del denaro.

Avere una loro personale visione credo sia l’unica vera alternativa per arrivare a una soluzione equilibrata. Come? Siete mai andati a fare la spesa insieme ai bambini?

IL GIOCO DELLA SPESA

Sì, so che a volte può essere estenuante, ma si potrebbe organizzare l’incombenza in forma di gioco in cui prima di uscire di casa si contano insieme i soldi a disposizione, si fa la lista della spesa e una volta al supermercato si confrontano i prezzi, cercando di farli bastare per comprare ciò è necessario, tralasciando ciò che inutile.

Una volta alla cassa potremmo farci aiutare dai piccoli a contare i soldi e pagare e nel caso fosse avanzato del denaro soddisfare qualche loro piccolo desiderio.

Ripetendo diverse volte questo gioco potremo poi proporre ai bambini di immaginare delle scelte diverse di acquisto. Ad esempio rinunciare a un dolce per acquistare un gioco. Per i bambini è molto facile associare così i diversi aspetti di soldi e valore, per poi progredire ulteriormente e comprendere che il prezzo delle cose non corrisponde per forza al valore, perchè nel valore ad esempio è compreso anche tutto il lavoro che abbiamo dovuto svolgere per ottenere una certa somma.

A questo punto i bambini potranno comprendere che i soldi sono il risultato di un impegno e che la scelta di come impiegarlo è fondamentale per poter soddisfare bisogni primari, necessità e desideri.

E ancora, possiamo acquistare un salvadanaio comune o uno per ciascun componente della famiglia e stabilire di volta in volta la destinazione dei risparmi. E’ un’ottima attività pratica per i bambini. Nel tempo potremo spiegare il concetto di tasse e imposte, che sono il contributo personale di ciascuno di noi al bene comune della società

Nel ricordarci sempre di dare il buon esempio ai nostri bambini, ricordiamoci del valore della solidarietà e prendiamo l’abitudine di destinare qualcosa anche per chi ha più bisogno. La ricchezza condivisa aumenta il benessere di tutti.

LA RICCHEZZA CONDIVISA

Mi torna in mente l’insegnamento che ho tratto dai testi di Adam Grant, il più giovane professore della Wharton School dell’Università della Pennsylvania, una delle scuole di business più prestigiose al mondo. Gran ha pubblicato uno studio in cui dimostra che i “givers”, coloro che antepongono il dare al ricevere, sono le persone che hanno più successo nella vita. Il loro è un dare intelligente e non finalizzato a un tornaconto personale o indirizzato verso i “takers”, coloro che sono interessati solo a ricevere, perché altrimenti si finisce per danneggiare se stessi.

Grant, ha dimostrato che nel lungo termine, i venditori che puntano a fornire ai loro clienti servizi concreti guadagnano di più rispetto quelli che si preoccupano solo del guadagno. Così come le persone che fanno donazioni agli enti di carità tendono, in media, a essere più felici e a guadagnare di più. E’ dunque il “giver” a salire i gradini che conducono all’eccellenza, mentre il “taker” è condannato ad affondare. Il successo dell’altruista è unico e duraturo: non crea divisioni, conduce a un risultato pieno e senza compromessi, si riflette positivamente su chi sta intorno, si moltiplica anziché concentrarsi su una persona sola.

In parole semplici, l’azione del dare è funzionale in quanto è contagiosa e le possibilità che qualcun altro faccia qualcosa di buono per noi aumenta. Dare permette di avere una vita più soddisfacente, sia interiormente sia esternamente.

Ed ecco che la risposta al quesito casalingo si dipana. Non è la cicala che vive un po’ alle spalle degli altri e nemmeno la formica che reclama un prezzo al suo dare, su cui cade la mia scelta. Ma la soluzione di Grant, che se anche non è una favola come quella di Esopo, mi piace molto di più.

“Bambine – chiamo a raccolta le mie figlie – ho una storia ancora più bella da raccontarvi”…